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SAVONA | Il grattacielo Leon Pancaldo

Il grattacielo Leon Pancaldo di Savona è uno dei pochi costruiti tra le due guerre in Italia e in Europa, alla fine degli anni ’30.
In realtà, chiamarlo grattacielo, contravviene alla regola non scritta ma ormai divenuta convenzionale di quale sia l’altezza minima per poter chiamare un edificio grattacielo.

Naturalmente è una misura che arriva dagli Stati Uniti, dove si considera grattacielo una costruzione che sia almeno alta quanto è lungo un campo da football americano, ovvero 100 iarde, pari a 91 metri.
Con i suoi 63 metri di altezza è stato il più alto edificio di Savona fino al 2000 quando nella Vecchia Darsena Ricardo Bofill fece il ridisegno generale del fronte mare, dove spicca, come elemento distintivo, l’edificio a torre, alto 65 metri su 19 piani.

«Grattacielo il mio? Al massimo è un campanile, slanciato ma piuttosto basso» affermò l’architetto catalano. Ecco perché l’architetto Bofill, che conosceva bene le misure standard di un grattacielo, si rifiutò di definire come tale la sua torre.

Storia

Il Leon Pancaldo è un edificio in puro stile razionalista, la cui costruzione iniziò nel 1939 e terminò nel 1941
La particolarità di quest’opera architettonica, è la sua ubicazione.

Sorge infatti in una città di dimensioni ridotte rispetto ai luoghi in cui sorgono gli edifici alti, costruiti generalmente in città di maggiori dimensioni.
Quest’edificio è uno degli ultimi esempi di costruzioni alte realizzate in tempo di guerra, visti i razionamenti e l’autarchia imposti dal regime fascista.
Può essere considerato come un caso emblematico, sia per la sua ubicazione e per la scelta di un professionista locale, che per le sue vicende costruttive e storiche.

L’edificazione di questo edificio, si intrecciava con gli interessi del Partito Fascista, che volendo costruire su un’altra area la Casa Littoria e avendo bisogno di finanziare il progetto, si scontrava con i regolamenti dell’amministrazione comunale, che originariamente non prevedevano una simile costruzione.

Inoltre, la complessità tecnologica del manufatto, considerato all’epoca come avanguardia, suscitava l’interesse di numerosi fornitori di materiali, aprendo così una finestra di opportunità per l’edilizia italiana e fornendo uno spaccato sulle migliori tecnologie che si potevano impiegare nelle costruzioni di quegli anni.
Si aggiungevano però i problemi del costruire in tempo di guerra, sia da un punto di vista delle nuove normative, riguardanti i rifugi antiaerei e antigas a protezione dei cittadini, che tutti i problemi legati all’edificazione durante l’autarchia che causava il razionamento dei materiali e di conseguenza la difficoltà a reperirne e la chiamata alle armi degli operai e dello stesso progettista che provocava ulteriori disagi.

Per ultimo emergeva il ruolo delle figure professionali, con la vicenda sui rapporti tra l’Ingegnere Marcello Campora e gli Architetti che hanno collaborato o che comunque si sono proposti per la progettazione del grattacielo, Mario Angelini e Luigi Vietti.
Dapprima difatti, era l’ingegnere ad essere prevalentemente incaricato della costruzione, ma in quegli anni emergeva la figura dell’architetto, che si occupava principalmente della progettazione delle facciate.

In una piccola città come Savona, la centralità di Campora si andava così ad incontrare e allo stesso tempo a scontrare con la figura dell’architetto Angelini, che se pur marginalmente coinvolto, porterà ad un contenzioso, che verrà risolto con un arbitrato.

Il Grattacielo Leon Pancaldo può essere ritenuto come una sorta di “edificio- monumento”, sia per la città; in quanto modifica e caratterizza il suo profilo urbano, sia perché premia il progresso delle nuove tecnologie e dei nuovi ‘stili architettonici’; diventando un riferimento per chi vive e arriva in città.